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Chiesa di San Benedetto

Dopo la donazione di Cetraro all'Abbazia di Montecassino, occorsa nel 1086, i Cassinensi risolsero di stabilire la loro sede temporale nel Palazzo Badiale ('a curti') e la loro sede spirituale in una nuova chiesa, intitolata al Santo fondatore dell'Ordine, che prescelsero di costruire in un luogo poco discosto dall'abitato d'allora, "in summitate acclivi!". La Chiesa di S. Benedetto, di cui si fa menzione la prima volta in un documento del 1104, ebbe modo di consolidare nel tempo la sua peculiare funzione di casa spirituale cassinense, evolvendosi anzi ben presto in un 'priorato' con mansioni ed uffici cenobitici: "consta che nel cenobio di S. Benedetto di Cetraro, soggetto ai Cassinensi, vi fossero monaci, che giorno e notte adoravano Dio con le loro laudi" (E.Gattola). Una labile traccia dell'antico cenobio fu registrata da G. De Giacomo, nel 1929, allorché, riferendo di taluni lavori di restauro notò come "vennero fuori, dietro l'organo piccolo, un colonnato, forse del cortile, e un corridoio di comunicazione col refettorio".

Dopo due secoli e mezzo di incontrastata officiatura monastica, nella seconda metà del sec. XIV, si profilarono aspri contrasti col clero secolare che culminarono nell'occupazione forzosa d'una cappella: "con una malvagità umana vieppiù operosa ed una cieca bramosìa che non cessa di istigare e, più di tutto, con uno scelleratissimo scisma che prende sempre più corpo, alcuni chierici secolari di detto castello...si sono introdotti in codesta cappella" (Gattola). Come riportato da L. Iozzi, la Curia Cassinense cercò, nel 1418, di dirimere del tutto la controversia insorta, affidandosi all'oculata dottrina del 'maestro di sentenze ' Jacopo Agnelli da Uri, ma, d'allora in poi, la Chiesa di S. Benedetto smise del tutto il suo status monastico per essere rivendicata, quasi, a quel magistero di chiesa parrocchiale che la porterà ad essere, di lì a poco, 'Mater et Caput dell'universale clero cetrarese'. E fu proprio per sopperire alle accresciute esigenze di culto che nel 1750, come riferito da A. De Giacomo, d. Lorenzo De Caro "fece eseguire il disegno dell'ampliamento della chiesa e dette mano al lavoro". Dopo un "lungo interregno" dovuto alla sua morte, i lavori furono ripresi, nel 1766, dal suo successore, d. Giuseppe Antonio Policicchio da Lago, il quale, nel giro di un anno, terminò l'ala in cornu Evangelii, inaugurando anche la Cappella del SS Sacramento, adibita provvisoriamente alle opere di culto. Nel 1775, furono completati del tutto i lavori dell'ala nuova e venne sistemata, sul portale maggiore, la statua in marmo di S. Benedetto. Il 28 ottobre 1779, infine, con un pontificale officiato dall'Abbate G. A. Testa, fu celebrato il definitivo completamento dell'intera fabbrica. Seguirono, quindi, lungo tutto il secolo XIX, una serie di lavori di completamento e decorazione interna, coronati, da ultimo, da un radicale intervento di restauro, operato dall'Arciprete d. Sebastiano Brusco, di concerto con la Soprintendenza ai Monumenti, protrattosi dal 1979 al 1984. Esterno L'aspetto esteriore della chiesa settecentesca ha subito delle mutazioni nel tempo che ne hanno alterato l'autentica essenza. La costruzione, a metà dell'800, dei palazzi gentilizi prospicienti il sagrato ha precluso l'originaria veduta d'assieme del prospetto frontale dell'edificio, consentendone solo una residuale veduta di scorcio; la definizione, intorno al 1890, della "traversa interna all'abitato della strada n° 110", operata dal Ministero dei Lavori Pubblici, ha comportato l'eliminazione della doppia scalèa centrale che ascendeva verso il portale maggiore; l' ampliamento della sagrestia, intorno al 1850, e della canonica, nel secondo dopoguerra hanno di fatto occultato buona parte dell'abside e del piè di croce, che s'ergevano prima, in tutta la loro evidenza architettonica.

Il prospetto attuale si vale, pertanto, del fronte principale - tripartito da un ordine di doppie lesène che s'innalza nel terzo medio per concludersi nel timpano triangolare - e di quel che emerge, nel panorama urbano, della lunga nave centrale, ancora ammirevole nella sua austera nudità muraria. La torre che incombe sui fianco, già attestata nel 1540 come 'lo campanaro di S. Benedetto' (Iozzi), è, con ogni evidenza, l'unica superstite delle torri urbiche che contrassegnavano, nel medioevo, il profilo concitato del castrum Citrarii' Interno L'interno è a croce latina, col transetto destro mancante della tribuna absidale. La navata centrale, soprelevata sulle altre, è coperta da volta a botte con duplice filare di finestre lunettate, culminante, dopo l'arco di trionfo, in un ampio catino che circoscrive il presbiterio; le due navi laterali hanno a una copertura a crociera ribassata su pianta quadrata. L'organizzazione dello spazio è demandata ad una serie di pilastroni che definiscono cinque campate per parte, in fondo alle quali sono delle nicchie che ospitano arredi ed opere d'arte.

L'apparecchio decorativo, elaborato tra la fine del 700 e la prima metà dell'800, dovizioso di cornici, stucchi e cartigli, ha un suo innegabile punto di forza nel palco di cantorìa, di singolare esuberanza plastica, fatto sistemare, a metà dell'800, dall'Arciprete don Giuseppe Lanza. Opere d'arte Percorrendo la navata sinistra si vedono due bei candelabri in legno, ottocenteschi, opera d'artieri regionali, lavorati a motivi floreali ed impreziositi da tre teste di cherubini; addossati alla parete sono, quindi, due antichi confessionali in legno, intarsiati con motivi di foglie e a girali. Nel vano seguente, in un'apposita cornice a stucco, è sistemata una tela ad olio raffigurante la Madonna con anime del Purgatorio, opera di Francesco Basile da Borgia (CZ), eseguita nel 1793. Altri lavori del Basile, in Calabria, sono tra l'altro registrati in Belmonte Calabro (Chiesa dell'Assunta) ed a Squillace (Arcivescovado). Subito dopo, è collocato il gruppo ligneo della Madonna del Rosario (sec.XIX). "La Vergine, con grossa corona in mano, veste una tunica rossa a fiori e manto azzurro stellato, raccolto in vita.

Raffinata è l'esecuzione, curati, soprattutto, i particolari del viso della Vergine e del nudo del Bambino che mostrano delicatezza e armoniosità" (Catalogo Soprintendenza di Cosenza). Procedendo, si ha, a sinistra, la tribuna che accoglie la Cappella del SS Sacramento, e di fronte, una tela ad olio del sec. XVIII, raffigurante la Madonna del Rosario, S. Francesco di Paola ed Apostoli. Svoltando nel presbiterio, si può ammirare un bei coro in legno, a doppio ordine di sedili e con filettature in oro, fatto eseguire nel 1822 dall'Arciprete d. Vito Occhiuzzi ed una coppia di dipinti sulle pareti, d'un singolare tono freddo e ieratico, raffiguranti l'Adorazione dei Magi e la Presentazione al tempio. Accedendo, quindi, alla navata destra, si nota l'interessante altare barocco della Madonna Addolorata - tema ripreso anche da un ingenuo affresco nella voltina - ed un dipinto ad olio del sec. XIX raffigurante la Comunione degli Apostoli. Nella volta della navata centrale, campeggia il vasto affresco del Giudizio Universale contornato, negli spicchi, dalla serie degli Apostoli, opere entrambe dei primi dell'800,a cui si sono aggiunti, nel 1898, altri affreschi, ispirati ad episodi biblici, eseguiti da Rocco Ferrari da Montalto Uffugo. L'Organo Costruito nel 700 e restaurato nel 1990, per iniziativa della Pro Loco, "splendido esempio di decorativismo barocco, l'organo della Chiesa di S. Benedetto si inserisce a pieno titolo fra le testimonianze più significative dell'arte organaria esistente nelle chiese calabresi, e la ricchezza delle ornamentazioni ad intaglio, gli angeli musicanti, i festoni fioriti che lo caratterizzano rappresentano degnamente la più raffinata affermazione della cultura napoletana documentata nella regione". (F.Samà, 'Capolavori di arte organaria restaurati in Calabria'). Aneddotica Da 'Il popolo di Calabria'(1896) di Giovanni De Giacomo: "A Cetraro, il presepe è un avvenimento di grande importanza; e molti anni dietro occupava quasi una quarta parte della chiesa, e vi era un numero stragrande di fantocci alti come un bambino di due anni. E mi dicono: "Che bellezza 15 o 20 anni dietro! Figuratevi: nel presepe vi erano 5 mandre di pecore e buoi, un fiume, vi era un macello, una bettola con 3 o 4 briachi, vi era anche una bella gatta sui tetti di una palazzina, dai cui balconi erano affacciati signori e signore. E poi, vi era una cavalleria, che era una delizia a guardarla!.. Ora - vedete dove siamo arrivati!- ora manca anche la vecchia cui dolgono i denti... ".

Fonte:

Chiese di Cetraro – Storia, arte, fede, pietà popolare nei «nostri» luoghi di culto. Carlo Andreoli – Fabio Angelica. Editoriale progetto 2000. 2007

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